Don Antonio è da anni attivo nel mondo della musica, tra lavori suoi e collaborazioni con altri musicisti, tra colonne sonore e tour anche all’estero. Lacosta è il suo nuovo album: brani brevi, composti in solitudine e registrati in take molto spontanei con un set di strumenti ridotti all’osso, in un casolare di campagna, musica che parla di un rapporto molto intimo con la sua terra, la Romagna. Per questo tutti i proventi della prima tiratura del disco, fisici e digitali, concorreranno al fondo emergenziale per Modigliana, uno dei paesi più colpito dalle alluvioni e dalle frane nei primi mesi del 2023.

Insieme al suo album, è la stesso Don Antonio a consigliarci 10 canzoni che con la loro malinconia possano renderci felici, perfette da ascoltare subito dopo Lacosta. Ecco le sue parole:

“Detto che vorrei indire un convegno, un simposio, sul tema ‘canzone triste’, giacché molte tristezze profonde si celano dietro abiti sonori scintillanti, vengo al dunque. La mia canzone delle cose perdute è Sunshine Reggae dei Laid Back. Ogni volta che la sento mi rimette in fila tutto quello che non c’è più, tutte le sensazioni perdute, tutta l’innocenza e i sogni rimasti in bilico nelle estati degli anni 80. Per me è la canzone più nostalgica di sempre, mi scava il cuore. Tuttavia non mi ha influenzato molto come musicista. Per quello, passo oltre”.

Hard Time Killing Floor, allora, nella versione spettrale di Skip James.
È un blues del momento storico, non so quanto si leghi a Lacosta a livello sonoro ma di certo si lega all’idea che ci sia una lunga malaonda del presente, da scavalcare cantando.

Shut out the Light, un b-side di Springsteen del periodo Born in The Usa, in qualche modo un brano molto legato al concept del disco. Veterani che tornano a casa, e non trovano più la loro faccia nello specchio. Credo abbia a che fare col guardare casa propria, non riconoscerla, trovarsi a dormire con la luce accesa.

What’s Good, di zio Lou, da quella bomba emotiva che è Magic And Loss. Si parla di amici e di malattie, ma in qualche modo si ribadisce anche la forza del rock and roll di danzare sopra le sfighe. Per la cronaca: una delle mie parti di chitarra preferite di sempre.

Ambulance Blues, ma forse anche Motion Pictures, di Neil Young, da On the Beach (il brano non è su Spotify). Due brani enormi a cui penso sempre contemporaneamente. Un senso di nostalgia per qualcosa di perduto, in ogni nota, qualcosa che ci è sfuggito, che rivive solo nella foschia di un sogno. Le parole, certo. Ma il suono ancora prima delle parole.

I See A Darkness, di Bonnie Prince Billy. Uno degli ultimi classici scritti con una chitarra in mano. Parla di depressione, credo. Di una sorta di nube nera all’orizzonte di ogni cosa. La musica racconta, ma è anche già il principio della consolazione. È un folklore credibile dei tempi moderni.

I Think It’s Going to Rain Today. È di Randy Newman, l’enorme Randy Newman, ed è una delle più belle canzoni di sempre. La versione di Dusty Springfield è presumibilmente inarrivabile. C’è un bel contrasto fra sensazioni, la melodia accompagna questo saliscendi emotivo in maniera sensazionale.

Il treno di Vinicio Capossela, dalle bellissime Canzoni della Cupa. Come nei grandi blues, in una zona periferica arriva una macchina che porta con sé il senso stesso la modernità, che traccia una linea netta fra prima e dopo. Tutto cambia, in primis la gente. È un brano che contiene il senso e il divenire di una piccola apocalisse, che immagino terribile e catartica al tempo stesso.

The Beast in Me, di Nick Lowe. Pezzo di introspezione mirabile. Una melodia eccezionale. Il massimo che si può chiedere a una ballata e a un uomo con la chitarra: provare a dire la verità.

Blue Tangos di Paolo Conte. Conte è un creatore di mondi, molto oltre la musica. Creare un piccolo mondo è quello che si prova a fare ogni volta, a maggior ragione con dei brani strumentali. Maggiori e minori che danzano, aperture assolute. “C’è in lei una specie di cielo, un’acqua di naufragio, un volo”. Cristo, dai, cosa vuoi dirgli? Chapeau ora e sempre.

Mississippi di Bob Dylan. Scritta per un disco (meraviglioso) ma finita in quello dopo (bellissimo). La canzone definitiva sulla fine di una storia d’amore, sui molteplici stati d’animo di un addio, su tutto il veleno e tutto il dolce che resta. Un Bob già maturo ad altezze siderali, un libro di testo su cosa chiedere a una canzone (triste).

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