Abissi è il disco d’esordio dei fiorentini Le pietre dei giganti. Un album che parla di angosce e insicurezze, che parte da chitarre elettriche stoner ma va oltre il genere mostrando in diversi momenti una decisa originalità. Abbiamo parlato con la band per conoscerli meglio.

QUANTO VI SENTITE HYPFI? CIOÈ, FATE MUSICA TRISTE MA SIETE PERSONE FELICI?
Beh, il nostro Abissi è un disco abbastanza cupo nato dal desiderio di aprire finestre su alcuni “mostri”, su alcune “tristezze” e drammi irrisolti che ci portiamo dentro sia in qualità di individui sia che ci riguardano tutti in quanto membri di una società. Nonostante ciò, le tracce sono state registrate in un clima di festa e di goliardia presso il Monoltith Recording Studio a Vitulano. Questo ci ha dato una grande spinta, ogni volta che attaccavamo a suonare, per tirare fuori quello che avevamo dentro.

QUAL È LA CANZONE PIÙ TRISTE DEL VOSTRO ALBUM, ABISSI, E PERCHÉ?
Greta, il nostro primo singolo e video, affronta l’abisso dell’incomunicabilità all’interno della coppia. È uno spaccato abbastanza disilluso su come due persone non riescano a condividere qualcosa finché non affrontano i loro demoni interiori. Un verso recita: “L’amore non basta a sentirsi legati se non si hanno gli stessi demoni da cui essere perseguitati”: è sempre triste entrare in contatto con questa distanza e dover chiudere alcune strade.

E QUAL È INVECE LA CANZONE PIÙ FELICE DELL’ALBUM?
La lente dell’odio ha delle strofe abbastanza crude e realiste che fotografano una società sorda e individualista, ma nel ritornello si apre uno spaccato di speranza sia nel testo che nella musica: “…dammi una luce nuova per cantare, cambia la lente dell’odio, riportami l’estate…”. Il ritornello è una preghiera, un’invocazione a qualcosa o qualcuno a portare una nuova visione sopra tutto questo, a insegnarci a vedere il famoso “bicchiere mezzo pieno”.

IN CHE MODO LA VOSTRA MUSICA POTREBBE RENDERE FELICE CHI L’ASCOLTA?
L’idea che ci ha spinto a scrivere questo disco è quella che, a un certo punto della vita, è necessario scendere dentro se stessi per entrare in contatto con i fantasmi che ci abitano. L’immagine della nostra copertina vuole un po’ raffigurare questo: la falena è l’animale che affronta la notte alla ricerca dalla luce. Quando si inizia questo tipo di percorso, non si riemerge mai totalmente puliti o puri, rimane sempre qualche ferita, qualche buco (sempre per citare l’immagine di copertina) che permette di guardare la vita in una prospettiva più realista. Vorremmo che chi dovesse ascoltare questo disco lo facesse un po’ come se fosse un libro, facendo attenzione alle parole, e che alla fine del processo si sentisse liberato o, perlomeno, felice di essere sceso con noi negli Abissi e di esserne uscito in qualche modo migliore.

QUALI SONO LE VOSTRE TRE CANZONI TRISTI PREFERITE DI SEMPRE?
Trovami un modo semplice per uscirne dei Verdena, Have You Passed Through This Night degli Explosions In The Sky, Moya dei Godspeed You! Black Emperor, Untitled #11 di John Frusciante, Something in the Way dei Nirvana, Hoppipolla e Olsen Olsen dei Sigur Ros.

Ecco Abissi:

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