Bonetti è un cantante molto HypFi: a canzoni e testi spesso malinconici, risponde con la sua ironia e video spesso fuori dalle righe. Abbiamo già presentato singoli come Non ci conosciamo più, Siamo vivi e Camionisti, tutti confluiti nel suo terzo album, Qui, che conferma la sua crescita come autore e creatore di storie sempre molto personali e originali allo stesso tempo. Lo abbiamo incontrato per parlarne insieme.

QUANTO TI SENTI HYPFI? CIOÈ, FAI MUSICA TRISTE MA SEI UNA PERSONA FELICE?
Beh, qui non si può non tirare in ballo la celebre citazione di Tenco che alla domanda: “Perché scrivi solo cose tristi?” rispondeva con un secco: “Perché quando sono felice esco”! Diciamo che sono una persona che sa essere piuttosto triste, ma anche molto felice e questo si rispecchia nelle cose che faccio. Anche nelle canzoni tristi, però, mi sforzo sempre di mettere degli elementi più leggeri/ironici per dare il giusto equilibrio e non risultare angosciante.

QUAL È LA CANZONE PIÙ TRISTE DEL TUO ALBUM, QUI, E PERCHÉ?
Alla fine in Qui non ci sono canzoni particolarmente tristi, e di questo sono contento. Una però forse lo è, o almeno lo ero io quando l’ho scritta: Non ci conosciamo più. È nata durante una passeggiata solitaria in un grigissimo pomeriggio milanese; insomma, io non ero felice, ma non è che la situazione aiutasse!

E QUAL È INVECE LA CANZONE PIÙ FELICE DELL’ALBUM?
Verrebbe spontaneo rispondere Siamo vivi, che è anche la più ritmata, ma quella che io vedo come canzone più felice è La metro alle sette. Racconta una scena molto intima e quotidiana: io che accompagno al lavoro la mia compagna. Certo, la accompagno portando con me un po’ di ansie e paranoie relative alle mie giornate, ma in mezzo al delirio della Milano mattiniera, tra i tornelli della metro e la frenesia della gente, c’è un sorriso che mi aspetta. Quel sorriso.

IN CHE MODO LA TUA MUSICA POTREBBE RENDERE FELICE CHI L’ASCOLTA?
Questa è una domanda che mi sono fatto per molto tempo, soprattutto all’inizio. Poi, negli anni, andando avanti con il mio percorso, non mi sono più posto il problema. Non vorrei sembrare presuntuoso, ma a questo punto, quello che mi interessa maggiormente è provare ad approfondire il significato del quotidiano. Dopodiché resta quello che ho detto poco fa, e cioè che cerco sempre di mettere degli elementi ironici nei miei brani. Poi in fondo, anche nelle sfighe, il quotidiano può essere un’ottima fonte di divertimento.

QUALI SONO LE TUE TRE CANZONI TRISTI PREFERITE DI SEMPRE?
Bellissima domanda! Al primo posto, senza dubbi, Vedrai, vedrai di Tenco. Una canzone di un’umanità straziante. Ora iniziano i problemi, perché io sono un grande fan delle canzoni tristi e sono molto indeciso. Al secondo posto mi viene da dire la cover che ha fatto David Bowie di Wild is the Wind (anche se pure la versione di Nina Simone, ovviamente, non scherzava in quanto tristezza). Che poi in realtà non sarebbe nemmeno una canzone triste, ma il modo straziante in cui Bowie la canta, mette a nudo l’amore, mostrandoci tutta la sua fragilità, anche se sullo sfondo le immagini che scorrono sono felici. Ecco, ascoltare quellìinterpretazione è come vedere un vecchio video girato in Super 8. Anche se le scene proiettate sono dolci, non si riesce a non pensare che quel nastro si può spezzare da un momento all’altro, cancellando i ricordi. Al terzo posto pari merito tra due canzoni di un gigante: Piero Ciampi. Da un lato Il tuo ricordo, brano che provare a parlarne è come cercare di fare stare un castello in una tasca. E poi Il Natale è il 24, perché alla fine, al lato estremo della tristezza, c’è l’ironia (e la dissacrazione).

Ecco Qui:

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