Udde è un compositore polistrumentista nato a Sassari, attualmente residente in Grecia. Dopo l’EP d’esordio nel 2012, ha pubblicato un album divertissement e diversi singoli, ma ora è tornato con un vero e proprio album, Diaspora, in cui si è slegato dalle restrizioni e dai vincoli formali autoimposti, lasciandosi trainare esclusivamente da quella suggestione e dalle note. La forma canzone viene corteggiata e manipolata, talvolta stropicciata, talvolta sfiorata, sempre in funzione del disegno più ampio e del tragitto più lungo. Ne abbiamo parlato con lui.

QUANTO TI SENTI HYPFI? CIOÈ, FAI MUSICA TRISTE MA SEI UNA PERSONA FELICE?
Purtroppo mi sveglio ogni giorno annichilito dal pensiero che perderò il mio tempo. Dunque non posso permettermi il lusso di essere una persona felice, per niente, ma dissimulo molto bene. Credo di riuscire a fare anche un paio di sorrisi al giorno, anche se vengono fuori un po’ storti. Questo è il risultato quando si è costretti a chiedere aiuto anche ai muscoli della nuca per poter raggiungere l’obiettivo.

QUAL È LA CANZONE PIÙ TRISTE DEL TUO ALBUM, DIASPORA, E PERCHÉ?
Credo sia Il Trieste, perché oltre alla musica ed al testo ci si mette anche il titolo, il cui anagramma è “è il triste”.

E QUAL È INVECE LA CANZONE PIÙ FELICE DELL’ALBUM?
La prima che ho scartato. Non era propriamente felice, non esageriamo. Però trasudava un minimo di illu-sione di una qualche vana speranza. Bocciata.

IN CHE MODO LA TUA MUSICA POTREBBE RENDERE FELICE CHI L’ASCOLTA?
La mia musica triste ha bisogno di ascoltatori felici che si crogiolano nella tristezza, questo è sicuro. Nel caso esistessero ancora, tra di loro, quelli bravi riusciranno a trovare la catarsi.

QUALI SONO LE TUE TRE CANZONI TRISTI PREFERITE DI SEMPRE?
Domanda difficilissima. Ne pesco tre a caso da un campionario variegato ed enorme. Louis Armstrong, We Have All The Time In The World, perché mente sapendo di mentire. Perry Como, O Holy Night, perchè il Natale è l’orologio più inclemente. 883, Weekend, qualcuno sa perché.

Ecco Diaspora:

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