Stefania Avolio è una pianista e cantante di Verona, che dopo un album di modern classical (Natural Element), ha pubblicato un lavoro più improntato al pop, intitolato Roots of Rebirth, in cui combina il synth pop elettronico con una voce eterea, profonde voci di sottofondo e un suono di pianoforte comunque ispirato alla musica classica. Ne abbiamo parlato con lei.

QUANTO TI SENTI HYPFI? CIOÈ, FAI MUSICA TRISTE MA SEI UNA PERSONA FELICE?
Anche se faccio musica prevalentemente e apparentemente triste, sono una persona felice nel profondo… proprio perché faccio musica. Non potrei vivere senza, ed è sempre stato così perché anche quando non componevo, nella mia vita non ho fatto altro che studiare il pianoforte, suonare il pianoforte e cantare.

QUAL È LA CANZONE PIÙ TRISTE DEL TUO ALBUM, ROOTS OF REBIRTH, E PERCHÉ?
La canzone più triste del mio album è senza ombra di dubbio Naked. La reputo talmente triste che, per me, suonarla è appagante. La vedo un po’ come una sorta di Marcia funebre (questo è sicuramente colpa di Chopin). Dall’altro lato invece, per me quel brano è un viaggio verso un idilliaco e mai visto spazio lunare. Merito dei synth che simulano l’organo di Lorenzo Masotto che hanno dato quell’atmosfera iniziale al brano e che ho potuto proseguire con le voci in distorsione.

E QUAL È INVECE LA CANZONE PIÙ FELICE DELL’ALBUM?
Questa è la domanda più difficile… credo che la canzone più felice dell’album sia Shell (un inno alla speranza) e infatti è in maggiore. Però anche New Light ha un’anima lucente, positiva. Parla di speranza e di coraggio, di lottare per raggiungere la luce. Entrambi brani che parlano di lasciarsi alle spalle i brutti ricordi e di guardare avanti, combattendo per la propria felicità e libertà interiore.

IN CHE MODO LA TUA MUSICA POTREBBE RENDERE FELICE CHI L’ASCOLTA?
Mi sono posta diverse volte questa domanda e il commento più bello che ho sentito (dopo un mio concerto) è stato: “Anche se cantavi in inglese e non avevo mai sentito i tuoi brani, appena tutto è iniziato ero ipnotizzata. Mi hai come calamitato, ero molto curiosa di capire cosa sarebbe successo, come se stessi raccontando delle storie… e ti seguivo come se capissi ciò che stavi dicendo: alla fine, sono tornata a casa felice”. Ho interpretato tutto questo come se questa persona mi avesse detto: “Ho raggiunto la pace interiore”, chissà se ho capito bene.

QUALI SONO LE TUE TRE CANZONI TRISTI PREFERITE DI SEMPRE?
In assoluto, Closer di Ane Brun (ogni volta che l’ascolto, mi metto a piangere, è di una profondità infinita quel brano e la sua voce poi…). Hope There’s Someone di Antony and the Johnsons è un altro dei pezzi da pelle d’oca. Probabilmente la prima cosa che le mie orecchie captano, sono le voci profonde, espressive, ricercate e considerate di nicchia ma, anche lì, chi può stabilire quale è il limite per rientrarci? Il terzo brano è Exit Music (For a Film) degli immensi Radiohead. Tempo fa, ho addirittura provato a fare una cover di quel brano, ma non mi si addiceva. Sono quei brani che non puoi toccare perché non potresti mai fare di meglio, in nessun caso. Ad un loro concerto, ho ascoltato quel brano stesa su un prato guardando le stelle, una sensazione che non potrò mai dimenticare.

Ecco Roots of Rebirth:

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