The Public Radar sono una band romana composta da Max Alto (voce e chitarra) e Francesco Conte (chitarra e synth), che torna oggi a quasi 10 anni dal precedente A New Sunrise con un lavoro che conferma lo stile e la visione che ha sviluppato negli anni. Il nuovo album si intitola Neon Rain ed è fatto da un pop melodico a base electro, con influenze che si spostano tra retro wave e synth pop, un vero e proprio tributo all’immaginario sonoro degli anni Ottanta. Ne abbiamo parlato con loro.

QUANTO VI SENTITE HYPFI? CIOÈ, FATE MUSICA TRISTE MA SIETE PERSONE FELICI?
Bella domanda! Partendo dal presupposto che la felicità non è mai intelligente, credo che la nostra musica sia una sorta di consapevolezza sul percorso a cui la vita ci sottopone, una sensazione radicata da sempre in noi e che sfocia nella ricerca di una composizione volutamente altalenante, con momenti scuri ma anche con assidua attenzione a una melodia capace di rievocare sensazioni positive, quasi allegre, celando la malinconia che pervade costantemente la natura a cui ci sentiamo di appartenere. Direi che siamo persone fortunate, e per questo consci che la felicità è troppo breve per goderne appieno.

QUAL È LA CANZONE PIÙ TRISTE DEL VOSTRO ALBUM, NEON RAIN, E PERCHÉ?
A livello di vera e propria tristezza direi la title track Neon Rain. Un po’ per la melodia e la sua atmosfera, ma soprattutto per il testo estremamente legato alla musica. Un quadro distopico in cui tutti gli errori della razza umana, in particolare la sottomissione all’intelligenza artificiale, hanno trasformato ogni cosa nel peggiore degli incubi, dove tutto diventa innaturale, perfino la pioggia, e l’umanità non può far altro che chiedere scusa a sé stessa per non aver saputo fermare l’inevitabile. Anche Illusion esprime senza ombra di dubbio una forte tristezza. La mente umana rifiuta di vedere le cose per come stanno, illudendosi che ciò che aveva focalizzato come soluzione ai propri problemi, risulta solo la fonte della peggior delusione che possa mai capitare.

E QUAL È INVECE LA CANZONE PIÙ FELICE DELL’ALBUM?
Non credo che esista una canzone propriamente felice, sicuramente le meno tristi sono False e Human Rights, che a modo loro hanno sempre un sapore poco sereno. False si basa sui falsi miti e i vari Credo religiosi che annebbiano la razionalità umana e determinano un cammino verso qualcosa che pensiamo possa salvarci, omettendo il ruolo fondamentale dell’uomo e della sua completa autonomia in questo universo. Human Rights è la sola parola chiave che dovrebbe avere un’accezione positiva tra le parole “crimes, nature e failures”, perché la nostra natura è più propensa all’errore che alla giustizia e ai diritti che meritiamo.

IN CHE MODO LA VOSTRA MUSICA POTREBBE RENDERE FELICE CHI L’ASCOLTA?
La musica suscita in ognuno di noi sensazioni diverse, a volte una canzone dal sapore allegro potrebbe essere interpretata o vissuta in maniera del tutto opposta. Gli stessi Beatles, e lo abbiamo imparato ascoltandoli, possono devastare l’anima anche con una canzone dalla melodia leggera. Credo che la nostra musica possa fungere in un certo senso da macchina del tempo, e per questo suscitare sensazioni nascoste ma sempre vive, che forse avevano bisogno solo di essere stimolate da una musica che, non definirei banalmente nostalgica, ma evocativa di avvenimenti unici nella nostra vita. Sarebbe un gran traguardo anche solo sfiorare questo obiettivo per noi.

QUALI SONO LE VOSTRE TRE CANZONI TRISTI PREFERITE DI SEMPRE?
Difficilissimo dirlo! Per Max Smoke Gets in Your Eyes dei Platters, Imagine di John Lennon, Here Today di Paul McCartney. Ovviamente tralasciando le altre duemila canzoni tristi preferite. Per Francesco Disintegration dei The Cure, Solitude dei Candlemass, Shallow dei Lifelover. Anche Francesco trova difficoltà in una scelta così riduttiva!

Ecco Neon Rain:

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