Marcos Cortelazzo è un cantante italo-brasiliano classe 1984, autore di musiche “anti-intrattenimento”, in cerca di riflessioni profonde che siano user-friendly, per creare ponti e mai muri. Gradi di libertà è il suo primo ep solista, quattro brani che affondano le proprie radici nel rock, ma dove alle chitarre distorte sono accostate escursioni in territori elettronici ed acustici per scandagliare l’universo psicologico umano.

QUANTO TI SENTI HYPFI? CIOÈ, FAI MUSICA TRISTE MA SEI UNA PERSONA FELICE?
Identificarmi, con delle etichette, mi è sempre risultato molto difficile. Ci provo, solo per te. Allora, diciamo che la mia maschera sociale è occupata dal mio lato estroverso e solare, quindi se chiedi in giro ti diranno che sono una persona felice probabilmente. Lo sono davvero? Sì, in fondo mangio tutti i giorni, sono nato in una parte del mondo dove sia io che te ci permettiamo il superfluo e posso dedicarmi alla musica. Altrove, ma anche nelle nostre città evolute, non è sempre possibile. Godo di una sorta di sensazione innata di felicità, che mi accompagna da sempre. Ho provato a spiegarla in uno dei miei brani, Carl Sagan. Il motivo, sono serio, è quello che c’è nel pezzo. Pezzi tristi? No, pezzi ragionati. Dipende dalla mente che ascolta se farli diventare tristi, felici, profondi, leggeri.

QUAL È LA CANZONE PIÙ TRISTE DEL TUO EP, GRADI DI LIBERTÀ, E PERCHÉ?
Ti concedo di chiamarla triste, perché mi fa sorridere questa cosa che siete fissati con la tristezza! Ti dirò quindi Ci siamo abbracciati e siamo andati avanti, perché è la canzone che ho scritto come fosse una lettera alla madre, da parte di un figlio che è morto. Il senso del brano però va oltre, ben oltre direi. C’entra la speranza, cerca di rassicurare e donare, nonostante tutto, una consolazione.

E QUAL È INVECE LA CANZONE PIÙ FELICE DELL’EP?
Carl Sagan, renditi conto che ci siamo e non è scontato. Che potevi essere nulla, che potevamo non esserci. Invece respiri, piangi, sorridi, ti incazzi, provi dolore, crei una webzine musicale a tema tristezza, provi passioni, sbagli, riprovi, ti succedono disgrazie e ti rialzi. Tutto questo non è altro che una conseguenza dell’esserci. Devi esserne grato, scegli tu se a un qualsiasi dio, al caso, alla natura o a quello che ti viene in mente.

IN CHE MODO LA TUA MUSICA POTREBBE RENDERE FELICE CHI L’ASCOLTA?
Attivando pensieri che portano ad emozioni e viceversa. Vedo queste ultime come ad un carburante, che spingono la persona anche alla conoscenza. Guarda come accade tra persone: una persona può emozionarti all’inizio, ma via via nel tempo inizi ad approfondire e ci dev’essere altro per proseguire, per mantenere l’interesse e attivare nuove emozioni. La ragione, il pensiero, la razionalità dell’introspezione sono essenziali per evitare una costante superficialità, per mantenere quindi l’attenzione. Tristezza, rabbia, felicità e via dicendo, sono tutti degli importanti attivatori se lo vuoi. Se lo vuoi, ripeto. Le passioni sfumano, le devi gestire per capire altro. Quindi ogni singola frase, di ogni singolo brano che ho messo in musica, potrebbe renderti felice in base a come lo vuoi gestire tu.

QUALI SONO LE TUE TRE CANZONI TRISTI PREFERITE DI SEMPRE?
The Universal dei Blur, Hey Hey, My My di Neil Young e Gymnopédie No.1 di Erik Satie.

Ecco Gradi di libertà:

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