Arianna Pasini è una cantante di Ravenna che esordisce con Burrone, l’onestà di una ballad chitarra e voce si erge in equilibrio sull’oscurità di un fondale ambient e lo-fi. Il testo è molto intimo nella sua essenzialità e, assieme alla strumentale, mantiene un equilibrio precario per tutto il brano, simulando la paura di cadere nel burrone che dà il titolo.
Insieme al suo singolo, è la stessa Arianna Pasini a consigliarci 10 canzoni che con la loro malinconia possano renderci felici, perfette da ascoltare subito dopo Burrone:
Broadcast – You and Me in Time
Il sintetizzatore, all’apparenza lo strumento più freddo, all’interno dei Broadcast, seppur spesso utilizzato in modo dissonante e stridulo, risuona romantico e nostalgico. Le loro canzoni brevi, con testi ridotti all’osso e ridondanti, provviste solamente di una manciata di strumenti e una voce pacata e rassicurante di Trish Keenan, le ascolterei in loop per giorni interi.
Cristina Donà – Goccia
Trovo la Donà una guida che riesce a trasportare naturalmente in mondi e dimensioni altre. In Goccia la poeticità del testo unita alla ricerca di suoni, elaborata insieme al genio di Robert Wyatt, rendono, a mio parere, questa canzone una delle più interessanti scritte in Italia nell’ultimo trentennio.
Portishead – Deep Water
Deep Water è forse la canzone meno associabile ai Portishead per semplicità di struttura e suoni. In questo pezzo scarno, apparentemente frugale, mi ritrovo e riesco a impersonarmi nel profondo testo scritto e cantato da Beth Gibbons.
Blonde Redhead – No More Honey
Il dialogo tra basso e chitarra è qui protagonista, e con l’aggiunta della voce flautata di Kazu Makino ci culla in un loop che potrebbe continuare all’infinito. “Whatever you do, I won’t be sorry, no more honey.”
Caterina Caselli – Cento giorni
In Cento Giorni la voce della Caselli si mostra forte, potente, ma risulta per me intima e ferita. Il tema è l’annullamento del sé in favore di una persona che non ricambia il nostro amore.
Robert Fripp, Brian Eno – Evensong
Evensong mi aiuta a evadere; questo brano, quindi il disco, frutto di improvvisazioni di chitarre e synth sovrapposti in loop, trovo celi una propria profondità, portando l’ascoltatore a un lento dissociamento dalla realtà. Vorrei rimanere lì un po’.
Bjork – The Anchor Song
Un brano essenziale composto solamente da fiati e voce. Non serve altro. Trovare la propria casa nel profondo, e non voler riemergere. Fatico a contare quante volte l’ho ascoltata e cantata nella mia vita. “..this is where I’m staying, this is my home”.
Mazzy Star – Look On Down From The Bridge
La voce sussurrata di Hope Sandoval in questo brano ci prende per mano e ci accompagna dolcemente su un ponte che si affaccia sul suo passato. Il tema, a me molto caro, è la difficoltà di dire addio a qualcuno o qualcosa. “How could I say goodbye?”
The Velvet Underground – Candy Says
Difficile scegliere un solo brano dei Velvet Underground, ma a questo sono particolarmente affezionata. Candy Darling, attrice transgender anni sessanta e primi settanta, musa di Warhol, è protagonista in questo brano scritto da Lou Reed. Riesco a empatizzare con il non sentirsi a proprio agio nella società e voler evadere; “…I’ve come to hate my body and all that it requires in this world”.
Molly Drake – I Remember
Forse la mia cosa preferita di questo brano è il commento nel finale della canzone “it was pretty good”. Queste registrazioni crude e sincere mi fanno pensare a quello che doveva provare Nick ascoltando sua madre che con dolcezza musicava le sue poesie nel tepore di una casa provvista di un piano e un camino.
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