Qualche settimana fa avevamo parlato dell’omaggio di Moretti a Cesare Pavese, intitolato proprio Cesare. Ora il cantante milanese ha pubblicato Nomi cose città, il suo secondo album, che supera i toni irriverenti del disco d’esordio ed espone il lato più intimo e introspettivo del suo autore, con arrangiamenti minimalisti e raffinati che recuperano la tradizione cantautorale italiana degli anni 70, da Guccini a Vecchioni, da Camerini a Giurato. Ne abbiamo parlato con lui.

QUANTO TI SENTI HYPFI? CIOÈ, FAI MUSICA TRISTE MA SEI UNA PERSONA FELICE?
Non lo so. Forse sì, forse no. Magari dipende dal giorno, dall’ora, da cosa ho mangiato a pranzo. La musica non è un termometro di come sto, è più un modo per misurare quanto riesco a stare dentro certe domande. Se poi qualcuno ci sente qualcosa di triste, o qualcosa di felice, va bene lo stesso. Forse è già tanto che ci senta qualcosa.

QUAL È LA CANZONE PIÙ TRISTE DEL TUO DISCO NOMI COSE CITTÀ, E PERCHÉ?
Credo ce ne siano un paio che ci provano seriamente, ma forse quella più triste è quella che non si lamenta. Quella che si siede, si fa piccola, e resta lì senza dire troppo. A volte la tristezza più profonda è quella che smette di spiegarsi, che non chiede più nulla. Magari è lì che si trova la parte più vera del disco. Ma potrei sbagliarmi.

E QUAL È INVECE LA CANZONE PIÙ FELICE DEL DISCO?
Ce n’è una in cui si ride. Ma non saprei dire se è per felicità o perché quando l’ho scritta ero stanco. Magari quella è la più felice, proprio perché ha smesso di aspettarsi qualcosa. È un tipo di felicità silenziosa, che si accontenta del poco che resta.

IN CHE MODO LA TUA MUSICA POTREBBE RENDERE FELICE CHI L’ASCOLTA?
Non lo so. Forse non la rende felice, forse semplicemente la accompagna. Magari qualcuno, ascoltandola, si sente visto. Non servito, non guarito — solo visto. E magari questo basta. È una forma di felicità minuscola, quasi impercettibile.

QUALI SONO LE TUE TRE CANZONI TRISTI PREFERITE DI SEMPRE?
Dipende. Una canzone non è triste in sé — lo diventa se la incontri nel momento sbagliato, o giusto, a seconda di come la si guarda. Magari è una melodia leggera, persino allegra, ma tu ci senti dentro una fine. O una frase detta quasi per caso, che però somiglia troppo a qualcosa che non riesci più a dire. Più che canzoni tristi, direi che ci sono canzoni che hanno imparato a stare zitte al momento giusto. E lì, in quel silenzio, succede qualcosa.

Ecco Nomi cose città:

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