I Super Topper sono una band dalla provincia di Milano i cui testi introspettivi in italiano vengono esaltati da musiche malinconiche con sonorità new wave e post punk. Tu non ritorni è il loro nuovo singolo e parla del conflitto tra il ragazzo spensierato che eri con l’adulto responsabile che sei. Sono entrambi nello stesso corpo ma diametralmente distanti, fra di loro restano dubbi, paure e tanti ricordi.

Insieme al loro singolo, sono gli stessi Super Topper a consigliarci 10 canzoni che con la loro malinconia possano renderci felici, perfette da ascoltare subito dopo Tu non torni.

The CureDisintegration
Brano che dà il titolo all’album capolavoro del 1989, è un grido soffocato di autodistruzione. È la narrazione di un’anima che si sgretola, che si perde mentre cerca disperatamente di aggrapparsi a qualcosa che non esiste più. Otto minuti in un viaggio sonoro che si dissolve lentamente, come un amore che si sgretola sotto il peso del tempo e delle incomprensioni, a ricordarci che anche la bellezza più grande può dissolversi.

VerdenaLuna
Una ballata che parla di sogni e tormenti, trasportandoti in un universo intimo e ovattato. Il giro di chitarra ripetitivo, quasi ipnotico, e la voce di Alberto che galleggia sopra la melodia creano un’atmosfera simile a un viaggio interiore, un dialogo con qualcosa di impalpabile, quasi ultraterreno. La bellezza sta nell’incompiuto, nel sospeso, in quella luce soffusa che brilla nel buio.

The Smashing PumpkinsDisarm
Disarm è un capolavoro di bellezza. Gli archi, la voce fragile e rabbiosa di Billy Corgan, il testo che sembra scavare nelle ferite dell’infanzia: tutto contribuisce a creare un’atmosfera struggente. Il verso “The killer in me is the killer in you” è un’ammissione del fatto che il dolore si tramanda, che le cicatrici dell’infanzia possono trasformarci in ciò che abbiamo sempre temuto.

Joy DivisionShadowplay
È un perfetto esempio del post-punk nella sua forma più pura, un suono che ancora oggi riesce a trasmettere inquietudine, bellezza e un fascino quasi ipnotico. Più di una canzone, è il viaggio di un’anima intrappolata in un labirinto di desideri irraggiungibili, attraverso scenari cupi e alienanti, un’esplorazione della solitudine e della disillusione. Ian Curtis è glaciale e viscerale, una voce che sembra provenire da un luogo lontano e al tempo stesso incredibilmente vicino. La sua interpretazione trasmette un senso di urgenza e di resa allo stesso tempo, come se fosse già consapevole di un destino segnato.

NirvanaSomething in the Way
Il punto più introspettivo di Nevermind, si allontana dal grunge aggressivo della band per immergersi in un’atmosfera rarefatta, malinconica, quasi ultraterrena. Ascoltandolo, si ha la sensazione di essere accanto a Kurt, un sopravvissuto ai margini della società, consumato dal tempo e dalla solitudine, in quel luogo immaginario di isolamento e solitudine, mentre il mondo che scorre indifferente sopra la sua testa. Non c’è rabbia in questa canzone, non c’è ribellione: solo la consapevolezza di essere intrappolati in una condizione ineluttabile che si sente sulla pelle. È il suono della solitudine, dell’alienazione, della lotta silenziosa contro un mondo che non offre appigli.

AngeliCon le mie scuse
Una delle band che più amiamo e ci ha influenzati. Questo brano caratterizzato da una ritmica cadenzata e ripetitiva, quasi ipnotica, è una confessione amara, un tentativo disperato di chiedere scusa, ma senza la certezza di essere ascoltati o perdonati. Una dichiarazione di resa e, allo stesso tempo, un ultimo atto di resistenza contro il senso di colpa che divora dall’interno… le riflessioni di una persona che non si arrende, di chi sa di aver sbagliato ma non smette di lottare.

Alice in ChainsNutshell
Un viaggio nell’animo umano, un’esplorazione di solitudine, perdita e disillusione, ma anche un’analisi lucida delle difficoltà esistenziali. È una riflessione su quel senso di vuoto che può essere provato anche quando si è circondati da persone e cose. Ti avvolge, ti fa sentire vulnerabile, ma anche più consapevole della tua forza. È la bellezza della sofferenza raccontata in una musica che sa essere potente, ma mai invadente. Stupefacente l’interpretazione del compianto Layne Staley.

AfterhoursQuello che non c’è
Brano carico di emotività, in cui Manuel Agnelli racconta perfettamente il senso di perdita, ricerca e disillusione. Ascoltarla è come intraprendere un viaggio interiore, un confronto con le proprie fragilità, con il desiderio struggente di qualcosa che manca, che forse non è mai esistito, ma che continuiamo a cercare. Un conflitto interiore tra il bisogno di dare un senso alle cose e la consapevolezza che, a volte, quel senso semplicemente non esiste. C’è una sensazione di resa e al tempo stesso di resistenza, il bisogno di accettare la realtà senza smettere di inseguire un’illusione.

EditorsThe Phone Book
Tom Smith e compagni descrivono il ritratto di una relazione in bilico, in cui il protagonista si aggrappa a un numero scritto nell’agenda telefonica, come se fosse l’ultimo filo che lo lega a qualcuno di speciale. Non ci sono esplosioni strumentali, non ci sono crescendo epici: tutto è giocato sulla sottrazione, sull’uso sapiente del silenzio, sulla capacità di evocare emozioni senza bisogno di grandiosità. Un brano che parla di nostalgia, di connessioni fragili ma impossibili da spezzare, di parole non dette che risuonano nel silenzio. La sua forza è la capacità di essere universale, di toccare corde profonde con pochi elementi, di trasformare un semplice gesto – una chiamata, un nome su un’agenda – in un simbolo di qualcosa di molto più grande. Un capolavoro di delicatezza e sentimento.

DiaframmaSiberia
Un pezzo che, nonostante gli anni, continua a suonare attuale, capace di evocare immagini e sensazioni con una potenza incredibile. Il riff iniziale di chitarra è un pugno nello stomaco e un abbraccio allo stesso tempo, mentre la voce scura e malinconica ti porta in un viaggio attraverso il gelo interiore, la solitudine e il desiderio di qualcosa che forse non tornerà mai. Sa essere cruda e romantica insieme, con un testo essenziale e tagliente che arriva dritto al cuore. I Diaframma, con questo album omonimo del 1984, hanno scritto una delle pagine più importanti della new wave italiana. Mentre nel mondo impazzavano i Joy Division e in Italia c’era il punk che si trasformava in qualcosa di più cupo e introspettivo, loro hanno creato un suono unico, che ancora oggi viene considerato un punto di riferimento assoluto. Senza compromessi, con uno stile diretto e autentico, sono stati tra i primi a portare in Italia un certo tipo di poesia urbana, fatta di disillusione ma anche di struggente bellezza.

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