Avevamo conosciuto Vienna, cantautrice pugliese e nome d’arte di Cristiana D’auria, per il singolo Come la primavera. Ora quella e altre quattro canzoni sono contenute nell’EP Se voglio salvarmi la vita, un viaggio introspettivo alla ricerca di un equilibrio interiore, in cui ogni brano ne rappresenta una tappa fondamentale: fermarsi, ascoltare le proprie emozioni, fluire con gli eventi, comprendere le proprie paure e la radice dei propri trigger e il desiderio di non “mandare tutto all’aria”. Ne abbiamo parlato con lei.

QUANTO TI SENTI HYPFI? CIOÈ, FAI MUSICA TRISTE MA SEI UNA PERSONA FELICE?
Sì, mi sento decisamente una persona felice (più che felice direi serena), forse proprio perché scrivo musica triste: scrivere canzoni mi aiuta a liberare parti di me che altrimenti probabilmente resterebbero incastrate e condividerle con gli altri mi fa sentire leggera e quindi, a mio modo, serena.

QUAL È LA CANZONE PIÙ TRISTE DEL TUO EP SE VOGLIO SALVARMI LA VITA E PERCHÉ?
Direi Domande // Trigger. È paradossalmente il brano più sofferto, scritto in un momento di confusione e paura e completato dopo più di un anno da alcune risposte non piacevoli ma necessarie e salvifiche a posteriori. È la consapevolezza di aver (consciamente o inconsciamente che sia) evitato di guardare alcune ferite o alcuni atteggiamenti.

E QUAL È INVECE LA CANZONE PIÙ FELICE DELL’EP?
Paradossalmente I girasoli sono dei fiori come tutti gli altri. Nonostante sia stata la rec più difficile della mia vita (fino ad ora), piangerci insieme è stato liberatorio. È il brano del “lasciar andare”, del “adesso che lo so posso lavorarci su”, un passo alla volta posso comprendere ciò che ho nascosto a me stessa, ciò che è rimasto incastrato. Quindi per quanto sia difficile fare i conti con questo tipo di consapevolezza, è una grande liberazione e consolazione. Se iniziare è la fase più difficile, questa canzone dice “è doloroso però sei nel percorso e stai camminando, va tutto bene”.

IN CHE MODO LA TUA MUSICA POTREBBE RENDERE FELICE CHI L’ASCOLTA?
Felice è un parolone. Molti mi scrivono di quante lacrime versano sulle mie canzoni. A me viene spontaneo scusarmi, loro di rimando invece mi ringraziano. Questo mi fa pensare che forse spesso far sentire felici le persone tramite la musica non significa per forza farli sorridere, ma farli sentire compresi, dire delle cose che non riescono a dire a se stessi o agli altri. Fa male e bene allo stesso tempo, è utile.

QUALI SONO LE TUE TRE CANZONI TRISTI PREFERITE DI SEMPRE?
Domanda difficilissima, più che altro è difficile sceglierne solo tre. La prima che scelgo è Storia del mio corpo di Michele Bravi. Questa canzone mi fa malissimo, mi devasta, mi travolge, mi distrugge e mi fa sentire compresa. Ha un linguaggio metaforico ma dannatamente specifico se penso a come mi sentivo anni fa. La seconda è Chissà dove sarai di Motta. C’è una parola nello specifico in quella canzone che è “risolta”. La associo tanto ad un periodo della mia vita in cui sentirmi risolta era la mia priorità e allo stesso tempo un punto che avvertivo lontanissimo. Oggi, ogni volta che la ascolto, mi dà le stesse sensazioni. La terza canzone è Conoscersi in una situazione di difficoltà di Giovanni Truppi nella versione con Niccolò Fabi. La frase “se ti do la mia solitudine, tu mi dai la tua solitudine” mi devasta. Mi sento molto compresa, anche in questo caso. Riprendendo il brano di prima, sentirsi risolti è difficilissimo e forse nessuno di noi ci riuscirà mai totalmente (e va bene così) e interagire con qualcuno sentimentalmente parlando, quando ci sentiamo irrisolti, soli, è complicatissimo. Darsi la propria solitudine significa “ho delle cose irrisolte, restano mie, ma so che ci sei, grazie”, o almeno questa è la sensazione che arriva a me. Mi fa tenerezza e mi fa male allo stesso tempo.

Ecco Se voglio salvarmi la vita:

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