Damon Arabsolgar è poeta, compositore, autore, produttore e performer, di lui avevamo già parlato per il singolo Nitida. Quella e altre otto canzoni sono contenute in Whale Fall e risultano oceaniche e siderali eppure estremamente intime e pensate per essere ascoltate al buio, sdraiati con gli occhi chiusi, per portare lontano, in luogo ancora sconosciuto. Nascono come gesti quasi involontari, un’emersione inconsapevole di immagini che, il più delle volte, sfugge alla comprensione immediata. Ne abbiamo parlato con lui.
QUANTO TI SENTI HYPFI? CIOÈ, FAI MUSICA TRISTE MA SEI UNA PERSONA FELICE?
So che faccio musica che sembra triste ma in realtà è felice e piena di speranza, io stesso sono più felice di quello che sembra a quanto pare. Ne parlerò con la mia psicologa. Credo che anche solo decidere di fare musica, anche se triste, sia un atto di fiducia e speranza nei confronti del mondo.
QUAL È LA CANZONE PIÙ TRISTE DEL TUO ALBUM, WHALE FALL, E PERCHÉ?
Direi Whale Fall perché è stata scritta in un momento molto difficile e perché è un’invocazione di salvezza, una preghiera, un mantra. Le altre canzoni sembrano tristi ma hanno sempre una proposta, una prospettiva, una chiave di lettura. Anche Half Beyond the Ocean forse è alla pari, sembra una ballad dolce ma la storia di cui parla è struggente, una storia d’amore iniziata e mai vissuta pienamente ma mai neanche completamente recisa.
E QUAL È INVECE LA CANZONE PIÙ FELICE DELL’EP?
Direi Erbivoro che vive fra le onde, che incita a stare nel presente, credere nei propri sogni e smettere di cercare il cammino più sicuro, quello senza rischi. Oppure Agrumi che canta: “eppure esiste la possibilità che parti di me possano andare via per lasciar spazio ad altro che non conosco”. È una canzone triste o felice? Non lo so, credo sia dolceamara.
IN CHE MODO LA TUA MUSICA POTREBBE RENDERE FELICE CHI L’ASCOLTA?
Felice non lo so, non voglio avere questa responsabilità, però di sicuro penso che possa aiutare ad accettare l’esistenza del dolore e accoglierlo, integrandolo. Il dolore non è una bella cosa di per sé, però può dare, a volte, un’indicazione su dove guardare dentro di sé per poter star meglio. Credo che nella mia musica ci sia qualcosa di naive, ancora bambino, che diventa sempre più consapevole del mondo senza però cedere alla disillusione. Non mi arrenderò mai e penso che ascoltare la mia musica aiuti chi la ascolta ad immergersi in sensazioni dimenticate, a volte scomode ma sincere, che abbiamo provato tutti ma che a volte dimentichiamo. Penso che a qualcuno abbia riacceso una lucina, come un piccolo lume che si riaccende piano nel buio.
QUALI SONO LE TUE TRE CANZONI TRISTI PREFERITE DI SEMPRE?
Questo mese sono Explain di Jeremy Enigk, Truth di Alex Ebert e Needle in the Hay di Elliot Smith.
Ecco Whale Fall:
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