Pugni è il progetto del cantautore toscano ora di stanza a Torino Lorenzo Pagni. Intenso e sincero, viscerale e profondo, dolce e graffiante al tempo stesso, nel brano Foglie morte, Pugni riflette sulla ciclicità dell’esistenza, sull’importanza del saper ripartire da zero anche quando sembrano non esserci prospettive, trovando il coraggio di affrontare i momenti e i sentimenti negativi e anzi facendone anche una risorsa.
Insieme al suo singolo, è lo stesso Pugni a consigliarci 10 canzoni che con la loro malinconia possano renderci felici, perfette da ascoltare subito dopo Foglie morte:
The Tallest Man On Earth – Where Do My Bluebird Fly
Sporca, registrata male, con la voce rotta, essenziale e cruda. La verità del dolore di una perdita.
George Harrison – Isn’t It a Pity (demo version)
Una tristezza elegante e gentile, capace di cogliere la bellezza rimasta dopo la fine.
Arooj Aftab, James Francies – Autumn Leaves
L’ho scoperta pochissimo tempo fa, mi sembra un pezzo perfetto per l’autunno. Una cover davvero originale che aggiunge un tocco esoterico.
The Smile – Bending Hectic
Ho visto i The Smile a Roma e su questo pezzo ho versato tutte le lacrime che avevo. Un piccolo capolavoro che unisce tecnica e anima.
Gabriels – Stranger
Una tristezza grintosa, urlata e disperata.
Ben Howard – I Forget Where We Were
Queste chitarre creano uno spazio che appartiene ai ricordi, all’interno del quale il testo dipinge un quadro perfetto che ti tiene incollato al presente.
Ray Lamontagne – Burn
Ray potrebbe rendere triste qualsiasi cosa canti. Ha la tristezza come terza corda vocale.
Michael Kiwanuka – I’ll Never Love
Un brano che mi fa sentire profondamente solo. È il giusto pezzo per farsi male in uno di quei giorni
.
James Blake – Godspeed
Questa versione è, se possibile, ancora più straziante dell’originale. Riesce ad essere estremamente piena nonostante il suo arrangiamento minimale.
Jeff Buckley – Just Like a Woman (live at Sin-é)
Una canzone che collego ad un sentimento affine alla tristezza, che la articola in una sua dimensione ancora più scoraggiata: la disillusione. Jeff Buckley la rende ancora più tagliente con un’interpretazione che solo lui sa.
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