Abe è il nome d’arte del producer, sound designer e polistrumentista milanese Alberto Ladduca, classe 1991. I suoi sono testi immaginifici e apparentemente infantili, confezionati dentro canzoni imprevedibili che riempie con una voce soul ed ipnotica. Il suo primo album, Opale, è un documentario che racconta lo sviluppo dei sentimenti dall’adolescenza all’età adulta, dove la colonna sonora si muove in maniera inaspettata tra post-rock, math-pop, drum ‘n’ bass e reminiscenze midwest-emo. Ne abbiamo parlato con lui.

QUANTO TI SENTI HYPFI? CIOÈ, FAI MUSICA TRISTE MA SEI UNA PERSONA FELICE?
Non so bene quanto sentirmi Hypfi, ma so per certo di essere una persona nostalgica ed ottimista allo stesso tempo.

QUAL È LA CANZONE PIÙ TRISTE DEL TUO ALBUM, OPALE, E PERCHÉ?
Credo che la canzone più triste sia Mezzacorona, anche se sul finale cerca di risolversi con un fascio di luce. Tutto l’album si basa sulla formula distruzione-costruzione-risoluzione.

E QUAL È INVECE LA CANZONE PIÙ FELICE DELL’ALBUM?
La canzone con il testo più felice dell’album credo sia Feng Shui Marinai, il ritornello dice infatti “Quel momento in cui ti accorgi che tutto può andare per il verso giusto”. Quella che può essere considerata “più felice” a livello musicale invece è sicuramente Una Foresta.

IN CHE MODO LA TUA MUSICA POTREBBE RENDERE FELICE CHI L’ASCOLTA?
Credo che la forza dell’album sia nella sua sezione ritmica. L’obiettivo che ci siamo posti con Giacomo Carlone, che ha prodotto insieme a me l’album e suonato tutte le batterie dei brani, è stato quello di rendere questa malinconia un’onda piena di luce. Un’onda in grado di capovolgerti, ma senza farti perdere l’attenzione sul testo.

QUALI SONO LE TUE TRE CANZONI TRISTI PREFERITE DI SEMPRE?
Bellissima domanda. Ne avrei mille, ma di getto ti dico Mayonaise degli Smashing Pumpkins, Everytime di Britney Spears e Into My Arms di Nick Cave.

Ecco Opale:

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