La Black Out Band viene dal Veneto, formata da tre musicisti appassionati dei miti del rock, dai Pink Floyd a The Who, e alle leggende del blues, da Muddy Waters a John Lee Hooker. Il loro obiettivo è far convergere la passione e la potenza comunicativa del rock e del blues con alcune sonorità pop, come dimostra il loro ultimo EP, One More, quattro brani, quattro universi sonori differenti, ma connessi: ne abbiamo parlato con loro.

QUANTO VI SENTITE HYPFI? CIOÈ, FATE MUSICA TRISTE MA SIETE PERSONE FELICI?
Ci sentiamo moltissimo HypFi! Nasciamo come band blues, quindi le influenze di musiche ma soprattutto testi “sentiti” e sofferti si sentono sempre. Se siamo felici non lo sappiamo, di certo lo siamo quando componiamo o quando suoniamo.

QUAL È LA CANZONE PIÙ TRISTE DEL VOSTRO EP, ONE MORE, E PERCHÉ?
Certamente The Road is You, che racconta di una persona che dopo un difficile momento della sua vita decide di rialzarsi, purificarsi e ripartire, costruendo la propria strada. Scrivendo il brano ci siamo ispirati alle viste dei paesaggi nordici, cercando di trasmettere la solitudine di quei luoghi remoti.

E QUAL È INVECE LA CANZONE PIÙ FELICE DEL DISCO?
Se dovessimo sceglierne una credo la scelta ricadrebbe su You Fools! non tanto per il significato del brano, quanto per l’energia trasmessa dal pezzo.

IN CHE MODO LA VOSTRA MUSICA POTREBBE RENDERE FELICE CHI L’ASCOLTA?
Nel modo più semplice: isolandosi egoisticamente e pensando al benessere del nostro corpo e della nostra anima. Spesso si crede che la solitudine sua una cosa negativa, ma anzi è il modo migliore per connetterci con noi stessi e ricercare la felicità.

QUALI SONO LE VOSTRE TRE CANZONI TRISTI PREFERITE DI SEMPRE?
Graffiti degli Stadio, Let it Be (nella versione del film Across The Universe) e Lifeline di Ben Harper.

Ecco One More:

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