Già batterista dei Luciferme tra gli anni 90 e 2000, Emanuele Coggiola ha pubblicato il suo secondo album solista, Dopo la pioggia, un concept album sull’elaborazione del lutto sentimentale. Tra tradizione cantautoriale italiana e atmosfere rock ed elettriche, nella prima parte rappresenta la condizione psicologica del protagonista, il momento della separazione, la caduta in depressione, la rabbia, l’odio, la disperazione, l’auto isolamento, il rifiuto e nella seconda arriva a una nuova serenità, di riappropriazione del divertimento e di sé, una sorta di catarsi e riapertura alla vita e agli altri. Ne abbiamo parlato con lui.
QUANTO TI SENTI HYPFI? CIOÈ, FAI MUSICA TRISTE MA SEI UNA PERSONA FELICE?
Tristezza e flicità sono per me due termini un po’ “melodrammatici” e sicuramente poetici. Tendenzialmente sono una persona abbastanza equilibrata, salvo alcuni momenti psicologicamente più intensi di altri, più emotivi, che possono portarmi destabilizzazione (il mio primo lavoro si chiamava infatti Quiete apparente). Io sostituirei questi due termini con “depressione” e “benessere”, più appropriati alla realtà. E, comunque, il concetto di felicità è assolutamente utopico!
QUAL È LA CANZONE PIÙ TRISTE DEL TUO ALBUM, DOPO LA PIOGGIA, E PERCHÉ?
Dopo la pioggia è un concept che racconta l’elaborazione di un lutto, in questo caso sentimentale. Si svolge in due parti: la prima narra lo sprofondamento nella depressione e nella tristezza del protagonista in seguito alla separazione. Questa separazione è comunque dovuta al suo stato mentale e psicologico che si trova in un momento molto basso, che è narrato nel primo brano dell’album Canzone per un amico. Direi che è questa la canzone più triste. (Bel modo di cominciare un disco, eh?!)
E QUAL È INVECE LA CANZONE PIÙ FELICE DELL’ALBUM?
La seconda parte dell’album narra la lenta ripresa psicologica attraverso varie situazioni, amori idealizzati, malati, “semplici” storie di sesso o frivolezze disinteressate. Il protagonista arriva, infine, ad una riappropriazione di sé, fino ad accettare un nuovo amore senza aspettative né costrizioni. La canzone che parla di questo è Il tempo per me. Non c’è, comunque, un “lieto fine” rispetto al concetto di felicità, ma un nuovo inizio: un’apertura al mondo e agli altri. Che è il finale migliore in cui si possa sperare… (Greetings From The Horizon)
IN CHE MODO LA TUA MUSICA POTREBBE RENDERE FELICE CHI L’ASCOLTA?
Non c’è un “modo”. È una questione assolutamente soggettiva. Se la musica arriva, dà emozione, o stimola uno specchio di se stesso nell’ascoltatore, allora in qualche modo l’ha reso felice. Cioè pago e “grato” della musica che ascolta.
QUALI SONO LE TUE TRE CANZONI TRISTI PREFERITE DI SEMPRE?
Elencarne tre sarebbe troppo riduttivo, ascolto molta musica. Potrei citare 2 autori che amo i quali, nella loro discografica, hanno stupende canzoni “tristi”: De André e Fossati. In terza istanza citerei una canzone mia, contenuta in Dopo la pioggia, che è Imprudenti bisogni. È stata scritta in seguito ad un’esperienza intensa e malata. Riascoltarla mi procura sensazioni piuttosto forti, nel bene e nel male.
Ecco Dopo la pioggia:
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