Stagioni nuove è l’album d’esordio del cantautore pugliese Cost Delaney: un lavoro che è frutto di una lunga ricerca, che va oltre alla semplice definizione di genere ma che spesso racconta storie intrise di malinconia. “Stagioni nuove è la fotografia di quel raro momento in cui davvero ci si rende conto che qualcosa nella vita è cambiato, o sta cambiando. Si ha la consapevolezza di chi si è stati, di chi si è, ma non sappiamo chi saremo, ma che comunque saremo pronti ad esserlo, o ci proveremo”. Così Cost Delaney presenta il suo album, e noi abbiamo parlato con lui per saperne di più.

QUANTO TI SENTI HYPFI? CIOÈ, FAI MUSICA TRISTE MA SEI UNA PERSONA FELICE?
In realtà i miei testi e la mia musica rispecchiano abbastanza la mia personalità, il mio carattere, il mio modo di vedere la vita e di viverla ogni giorno. Sono una persona abbastanza instabile dal punto di vista caratteriale, non saprei definirmi né come una persona felice ma neanche come una persona triste e anche i miei testi sono così, dipende dalla canzone. Mi sforzo di credere che sia possibile raggiungere uno stato di tranquillità e soddisfazione che può anche essere chiamato felicità e lavoro per questo obiettivo.

QUAL È LA CANZONE PIÙ TRISTE DEL TUO ALBUM, STAGIONI NUOVE, E PERCHÉ?
Non credo ci sia una canzone nel disco che sia triste. C’è molta malinconia e nostalgia nel passato ed in alcuni momenti di forte solitudine ma sono sentimenti che non associo alla tristezza. Penso che in Orsi bianchi ma anche in Fair Play si percepiscano queste emozioni più che in altri pezzi e li ritengo infatti le i brani più dolci e riflessivi del disco.

E QUAL È INVECE LA CANZONE PIÙ FELICE DELL’ALBUM?
Blu Dèjà Vu sicuramente. Principalmente in questo caso dal punto di vista dell’arrangiamento e di come suona questa canzone. E’ molto ritmata e le chitarre e la drum sono molto rock ‘n roll e io personalmente quando l’ascolto e la suono mi carico un sacco. Fra l’altro il testo parla di speranza e della possibilità, nonostante a volte viviamo in un modo tutto nostro e spesso irraggiungibile, di riprenderci quello che ci spetta e di poter continuare a sperare nel futuro. Per me è molto importante questo aspetto, pensare che dipenda da noi riuscire a raggiungere un obiettivo o farcela a realizzare un progetto, e non che siano forze esterne a condizionare la nostra esistenza.

IN CHE MODO LA TUA MUSICA POTREBBE RENDERE FELICE CHI L’ASCOLTA?
Penso che la musica possa rendere meno sole le persone. Penso che in un testo ci si possa ritrovare o accorgersi di non essere gli unici ad essersi trovati in un momento di difficoltà o a vivere determinate esperienze o ad immaginare determinate cose per se e per gli altri. Per questo ritengo che, soprattutto se fai musica in Italia, il testo sia una parte troppo importante della canzone e per me è sempre molto difficile questa fase del processo creativo proprio perché nel testo c’è l’anima e lo spirito di una canzone, che è poi quello che serve alle persone, la sincerità e soprattutto che la canzone abbia un’anima.

QUALI SONO LE TUE TRE CANZONI TRISTI PREFERITE DI SEMPRE?
Allora partiamo dal presupposto che ce ne sarebbero infinite perché io amo le canzoni tristi, lente, con sonorità acustiche e malinconiche. Proverò a dirne soltanto tre ma ne lascerò fuori qualche altra importante, ahimè. La prima che mi viene in mente è No Surprises dei Radiohead. In primis per la strumentale, e poi per il testo, parla di persone ‘tossiche’ che a lungo andare ti consumano e ti rovinano. Può capitare con chiunque: amici, parenti, amore, colleghi ecc. La seconda è Uomini del sud di Franco Califano. E’ un canzone che a me fa commuovere. Parla del fenomeno dell’emigrazione delle genti del sud per trovare lavoro o una vita migliore lontano da casa. E’ un tema attualissimo che in Italia è cominciato durante il periodo risorgimentale e ancora oggi riguarda migliaia di giovani ragazzi costretti ad andare lontano per cercare opportunità. Ma riguarda anche in senso più ampio anche lo stesso fenomeno delle genti che fuggono dai paesi africani con barchette o con mezzi di fortuna per sperare in un futuro diverso, anch’essi costretti per anni e anni a fuggire dalla proprio terra.
L’ultima canzone a cui penso è Trouble in Town dei Coldplay. E’ una canzone che parla di discriminazione razziale, soprattutto nei confronti degli afroamericani e anche delle donne islamiche. E’ una denuncia di ciò che accade in tutto il mondo nei confronti di persone di colore da parte della polizia e si sente infatti nell’ultima parte del brano una registrazione vera di un violento fermo di polizia.

Ecco Stagioni nuove:

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