Jon Reynolds è un musicista di Nashville, che ha appena pubblicato insieme alla sua band, i The Aches, l’EP Petrichor, un lavoro che racconta momenti di depressione e cuori infranti in una sorta di malinconico pop rock. Ne abbiamo parlato direttamente con lui.

QUANTO TI SENTI HYPFI? CIOÈ, FAI MUSICA TRISTE MA SEI UNA PERSONA FELICE?
Direi proprio che descrive bene le mie canzoni. Penso che la cosa più strana della mia scrittura è che mi piace inserire testi che non sono per niente felici in arrangiamenti molto allegri. Detto ciò, di solito trovo felicità in tutto quello che faccio, ma gli argomenti tristi di cui scrivo vengono da riflessioni personali e da quello che vedo intorno a me.

QUAL È LA CANZONE PIÙ TRISTE DEL TUO ALBUM, PETRICHOR, E PERCHÉ?
Come Now Spring è di gran lunga la canzone più triste e non ha nemmeno una melodia felice. L’ho scritta subito dopo le elezioni del 2016. Non serviva sforzarsi molto, oltre ai problemi sociali che stavano accadendo in quel momento, avevo molti amici e parenti che attraversavano una profonda depressione. Io cercavo di impegnarmi per aiutare quelle persone e quella canzone è nata proprio da questo.

E QUAL È INVECE LA CANZONE PIÙ FELICE DELL’ALBUM?
Imogene è la canzone più felice. Se ascolti attentamente il testo, racconta una storia di conflitti, ma è una lotta che si trasforma poi in una crescita alla ricerca di se stessi. Ho preso elementi dalla mia vita e dalle mie esperienze in periodi e con persone diverse: alcuni riferimenti sono davvero personali, e questa è una cosa che può mettere una canzone in contatto con le persone che vogliono davvero ascoltarla. Alla fine, è un inno per chi vuole vivere la vita che desidera invece di accettare che la vita debba essere così com’è o come è già stata vissuta.

IN CHE MODO LA TUA MUSICA POTREBBE RENDERE FELICE CHI L’ASCOLTA?
La risposta a questa domanda è legata a come tu me l’hai rivolta: la risposta è “la musica”. I miei testi sono importanti, sì. Ho lavorato duro e ci ho messo molto di me e della mia vita. Ma non è questo ciò che mi sta più a cuore del mio processo artistico. La musica, le melodie, i toni, l’ampiezza del suono, è a questo che tengo di più. Credo davvero che se ti siedi in un posto tranquillo e ascolti questo disco (con un dispositivo di qualità), ne esci una persona più felice. Questo perché cerco di usare la musica, non le parole, per parlare di me. Mentre le parole possono essere in qualche modo esplicitamente tristi, la musica lo è solo implicitamente. Per me è quasi guaritrice, in grado di calmare quello che ho dentro, e penso che possa essere lo stesso per gli altri.

QUALI SONO LE TUE TRE CANZONI TRISTI PREFERITE DI SEMPRE?
Cambiano di volta in volta, ma ti direi Cherry Wine di Hozier, When You Were Young dei The Killers, e tra le più recenti When The Party’s Over di Billie Eilish.

Ecco Petrichor:

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