Kublai è il progetto nato dalla collaborazione fra Teo Manzo, autore dei testi e delle musiche, e Filippo Slaviero, che ha curato produzione, registrazione e mixaggio, oltre a essere coautore delle musiche. Kublai è anche il nome del suo esordio, un album che racconta una conversazione al termine della quale uno dei due protagonisti si toglierà la vita. “È un album diviso in tre respiri o movimenti, e composto di arie, più che di brani in senso stretto – dice l’autore. Ne abbiamo parlato con Teo Manzo.

QUANTO TI SENTI HYPFI? CIOÈ, FAI MUSICA TRISTE MA SEI UNA PERSONA FELICE?
Triste e felice sono aggettivi bidimensionali, credo di fare musica malinconica, più che triste. Il contrario di malinconico non esiste, quindi mi definirei una persona fortunata: ho il lusso di poter giocare con l’infelicità e trattarla, attivamente, da materia prima.

QUAL È LA CANZONE PIÙ TRISTE DEL TUO ALBUM, KUBLAI, E PERCHÉ?
Direi Le soglie del dolore, come si intuisce dal titolo. Non so se è la più triste, ma è certamente il cuore dell’album, la “scena madre”. È il momento in cui il dialogo tra i due protagonisti, vivo fino al quel momento, si interrompe.

E INVECE QUAL È LA CANZONE PIÙ FELICE DELL’ALBUM?
Dico Cipango, ma con poca convinzione. Credo davvero che brani felici non ve ne siano.

IN CHE MODO LA TUA MUSICA POTREBBE RENDERE FELICE CHI L’ASCOLTA?
Non ne ho idea, ma rendere felice chi mi ascolta non è tra i miei scopi. Vorrei piuttosto che chi ascolti Kublai, ascoltasse un modo di esprimersi e di crescere. E ciò passa più spesso da un dolore che da una distrazione.

QUALI SONO LE TUE TRE CANZONI TRISTI PREFERITE DI SEMPRE?
I Fell in Love with a Dead Boy di Antony and The Johnsons, Hanging on a Star di Nick Drak e Sfiorisci bel fiore di Enzo Jannacci. Ne ho dette tre, ma ne ho mille.

Ecco Kublai:

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